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Punto di interesse

Priorato monastico camaldolese anteriore al sec. XIII, denominato "Romitella delle Mandriole" o “Frati Neri” (a seconda della veste dei religiosi). I Francescani suben-trarono ai Camaldolesi nel 1452 e rifabbricarono la chiesa agli inizi del Cinquecento. L' attuale chiesa, ricostruita tra il 1782 ed il 1793, è dovuta al disegno di D. Apollonio Tucchi, monaco camaldolese dell' Eremo delle Grotte. Nel sec XVIII presso il convento della Romita vi era lo “Studio di Filosofia e Teo-logia” (o Liceo S. Giacomo) non solo per i chierici e novizi dell’ Ordine ma anche per i Secolari.

Comune

Staffolo è un comune situato in provincia di Ancona.

Il territorio si sviluppa per 28 km2 fra il corso del fiume Musone e quello dell'Esino. Il punto più alto supera i 500 metri s.l.m., ma il nucleo più antico dell'abitato sorge in cima ad un colle di 450 metri.

Il paese è costituito da un centro di impianto medioevale con forma ellittica e cinto da mura, in parte originali, aperte in due punti contrapposti, porta Venezia a nord e porta San Martino a sud. Sulle mura si erge ancora intatto il torrione detto dell'Albornoz (sec. XIV) ed altre torri trasformate nel tempo in abitazioni civili. Il centro storico fra vicoli e piazzette offre, appena all'ingresso del paese, la scenografica piazza Leopardi delimitata dalla due chiese romaniche dedicate, la prima al patrono Sant'Egidio, la seconda a San Francesco (XIII sec). Nel punto più alto del colle sorge il palazzo Comunale (già Monte di Pietà e Monte frumentario sul finire del '400) di fronte al vecchio palazzo delle Magistrature. Dalla caratteristica piazzetta dell'ospedale si può accedere al Museo del Vino e all'annessa enoteca.

Il giro attorno alle mura è un bel viale di tigli lungo circa 700 metri che inizia e termina con un balcone naturale che si affaccia sulla Vallesina. Il luogo, detto dagli staffolani i banghitti, offre un magico punto di vista che si allarga su tre valli, Esino, Misa e Musone per arrivare fino al mare Adriatico e al sottile profilo delle isole croate.

Coste è l’altro nucleo abitato del comune; è un insediamento abbastanza recente che sta avendo un importante sviluppo urbanistico lungo la provinciale che conduce a Jesi.

La campagna è disseminata di casolari, aziende agricole e antichi insediamenti come San Francesco al Musone, i resti del castello di Folonica e la Castellaretta.

La maggior parte del territorio è ordinatamente coltivato e fra tutte prevale la coltivazione dei vitigni Verdicchio, Montepulciano e Sangiovese da cui scaturiscono i vini Verdicchio, Rosso Piceno ed Esino Rosso.

Le aziende produttrici di vini pregiati disseminate nel territorio e ad esse vanno aggiunte aziende produttrici di rinomato formaggio pecorino, olio extra vergine d'oliva e miele. Accanto a queste sono sorti oggi anche agriturismi, B&B, country house che hanno fatto crescere la ricettività dell'intero territorio.

Grazie alla cura del territorio e del centro storico, a cui si aggiunge la rinomata gastronomia dei ristoranti staffolani, Staffolo è stato insignito della Bandiera Verde per l'agricoltura e di quella Arancione del T.C.I.

La storia

Le prime testimonianze della presenza umana nel territorio di Staffolo risalgono al paleolitico. Nei pressi del colle di Follonica, sono stati rinvenuti invece reperti di epoche successive, come ad esempio un bronzetto raffigurante Marte in assalto (guerriero di Staffolo) databile intorno al VI secolo a.C. e di fattura umbro-sabellica. Altri reperti, come iscrizioni funerarie latine, lucerne ecc. di epoca repubblicana sono venuti alla luce in località Cavalline e nel centro storico del paese. La prima menzione di Staffolo nei documenti ufficiali risale però al 1078 quando in un atto notarile compare il toponimo Stafuli. Il termine rimanda al longobardo staffil (palo di confine o palizzata difensiva posta al confine) riferendosi probabilmente alla posizione di confine del colle fra i domini bizantini della Vallesina e il ducato di Spoleto. Nel 1150 il castrum entra nella storia con la signoria della famiglia Cima che si stabilì successivamente a Cingoli e Filottrano mentre nel castello di Staffolo cominciarono a svilupparsi gli ordinamenti comunali. Nel 1219 Staffolo fu sottomesso ad Osimo e fra i due comuni venne stipulato un accordo per la definizione dei confini. Intorno alla metà del '200, con il rafforzamento del partito filo-imperiale, Staffolo venne sottomesso a Jesi, città natale di Federico II di Svevia. La sottomissione culmina con l’assedio del castello accompagnato dalla distruzione dei raccolti nelle campagne, l'incendio di case e l'uccisione di alcuni abitanti del burgum. Nel 1263 però, con il tramonto degli Svevi, Urbano IV ricondusse il comune di Staffolo di nuovo sotto il dominio della guelfa Osimo al fine di penalizzare la ghibellina Jesi. Con il nuovo assetto dettato dalla politica papale, il comune di Staffolo tornò ad essere libero, immediate subiectae a Santa Romana Chiesa. Nel 1268 Staffolo poté così accettare la dedizione dei vassalli dei castelli di Accola e Follonica, affrancati dal giuramento feudale dal loro signore Corrado dei Gentili di Ravellone. Nel 1289 una nuova bolla papale di Niccolò IV annullava definitivamente la sottomissione di Staffolo a Jesi ma, fra il 1291 e il 1293, con l'aiuto di altri comuni e dei mercenari anconetani (becchi fottuti pagati con fiorini aureos, bonos et legales), Jesi riprese ad angariare il castello di Staffolo anche con un'azione legale che condusse ad una concordia che di fatto riportò il paese sotto il totale dominio di Jesi. Trascorsero però appena quattro anni e a ridare a Staffolo la sua autonomia provvide Rogerio, delegato papale di Bonifacio VIII, che depose il podestà nominato dagli jesini sostituendolo con lo staffolano magistro Thomasio di magistro Vitalis.

Con la diffusione in tutta la Marca del fenomeno francescano anche a Staffolo, già prima del 1230, è presente un Convento dei minori francescani. Altri segni della presenza francescana si trovano ancora oggi nella piccola chiesa di San Francesco al fiume Musone adiacente ad una fonte d'acqua che, secondo la tradizione, fu fatta sgorgare dal Santo di Assisi al suo passaggio nel 1210.

Fra il XIV e il XV secolo intanto si diffusero nell'intera Marca le eresie legate al messaggio pauperistico di San Francesco d'Assisi. Il caso più eclatante fu rappresentato dalla comparsa dei così detti fraticelli, condannati da papa Giovanni XXII al rogo nella piazza bassa di Fabriano nel 1449. A Staffolo, già nel 1362, la Camera Apostolica aveva sequestrato e venduto dei terreni che erano precedentemente appartenuti a possidenti staffolani rei di aver sostenuto movimenti eretici.

Intorno alla metà del '300, prima la Lega di Sarzana e la scellerata politica di Giovanni Visconti, arcivescovo e duca di Milano, poi le scorribande di Fra Moriale decretarono per Staffolo la distruzione delle sue mura, delle case e dei palazzi del centro storico. Matteo Villani nella sua Cronaca scrisse: "E del mese di marzo del 1354 presono il castello delle Staffole, pieno di molto vino, et il Massaccio et la Penna".

La rinascita civile ed economica del paese avvenne grazie all'opera del Cardinale Egidio Albornoz, inviato in Italia da papa Innocenzo VI, relegato ad Avignone, per ristabilire l'autorità papale su tutto lo Stato Pontificio; l'Albornoz promulgò le Costitutiones Aegidiane che consentirono al territorio della Chiesa di assumere un vero e proprio carattere statale. Al cardinale Albornoz va attribuita la decisione di ricostruire le mura del castello ed il torrione circolare ancora esistente, nella sua veste originale, sul lato ovest della cerchia muraria. Nei primi anni del '400 Staffolo vide ridursi in parte il suo territorio avendo perso alcuni castelli che gli erano appartenuti fin dall'XI secolo: il castello di Accola a favore di Massaccio e i castelli di Cològnola, Tavignano e San Vittore a favore di Cingoli. D'altro canto è in questo secolo che viene invece realizzato un ospedale, Santa Maria degli infermi, e la parrocchiale di Sant'Egidio si arricchisce di un capolavoro pittorico, un pentittico, opera del Maestro di Staffolo su commissione della famiglia Onori. Dopo aver superato indenne gli effetti della politica espansionistica degli Sforza di Milano (1433) nella Marca, Staffolo non riuscì ad evitare la distruzione nel 1517 quando le soldataglie guasconi al soldo di Francesco Maria della Rovere misero a ferro e fuoco il paese. Francesco Panfilo così scrisse a proposito di Staffolo:

" Questa disgraziata città provò il furore dei guasconi

le sue case bruciate fumarono per molti giorni".

Nonostante le devastazioni, il Comune di Staffolo nel 1544 si diede nuovi statuti comunali che aggiornavano i precedenti risalenti al '300. Venne istituito il Monte di Pietà per far fronte ai bisogni dei meno abbienti e nel 1571 venne edificata la chiesa di Santa Maria della Castellaretta, opera di alcuni staffolani tornati sani e salvi dalla battaglia di Lepanto contro i Turchi.

I secoli successivi videro fiorire nel comune attività e imprese artigianali di grande rilievo. Nel Saggio statistico storico del Pontificio Stato di G. Calindri, Staffolo viene menzionato per la antichissima e di molto credito industria della posateria in ferro e ovviamente per la qualità del suo vino.

Nel 1861 Staffolo entrò a far parte, come tutti i comuni già appartenenti allo Stato Pontificio, nel neonato Regno d'Italia. Nel 1915 vengono richiamati alla guerra europea circa 500 staffolani. Il tributo, come per tutta l'Italia è assai elevato: 63 sono i giovani staffolani caduti ella Grande Guerra. Poi seguirono altre guerre, Libia, Spagna, Africa Orientale e la seconda guerra mondiale che sottrassero al paese altri 21 giovani.

Nel 1944, durante il secondo conflitto mondiale, il paese visse uno dei momenti più drammatici della sua storia recente. Il paese si trovava in un’area interessata da azioni partigiane e fu pertanto soggetto all’azione terroristica dei nazisti. Ci furono diversi episodi che videro la morte di giovani partigiani e semplici cittadini. Il 29 giugno 1944, festa di San Pietro e Paolo, un reparto di militari tedeschi uccise sette giovani prigionieri condotti in paese dal campo di concentramento di Sforzacosta dopo aver commesso una strage simile a Montalvello di Apiro in una azione terroristica che, complessivamente, comportò nell’arco di poche ore la morte di 26 civili italiani innocenti. Staffolo venne liberata il 19 luglio 1944 con l'arrivo dei militari del Corpo Italiano di Liberazione.

Gastronomia

Il vino e Staffolo

A Roma, Il 29 agosto 1354, Cola di Rienzo ordinava la decapitazione di Montreal d’Albarno, detto fra Moriale, che non si trattava di un frate ma di un condottiero di origini provenzali che per ben due volte, nel 1353 e nel 1354, aveva messo a ferro e fuoco l’intero territorio delle Marche. Nel mese di marzo del 1354, insieme con altri castelli, il fra Moriale aveva conquistato anche il castello di Staffolo e dappertutto aveva procurato danni alle persone e alle cose. Matteo Villani, cronista fiorentino, nelle sue Storie a proposito di Staffolo scrive: “E del mese di Marzo presono il castello delle Istaffole pieno di molto vino”.

Con tutta probabilità l’abbondanza di vino a Staffolo non è mai venuta meno. Lo stesso nome, secondo una certa favolistica risalente al XVII secolo, deriverebbe dal greco con il significato proprio di “grappolo d’uva” e la fondazione del paese sarebbe legata al mitico Staffìlo, figlio di Arianna e Teseo.

La coltivazione del Verdicchio viene attestata a partire dal 1569, quando il vocabolo entra nell’ufficialità della storia grazie al botanico marchigiano Costanzo Felici. Gli Statuti Comunali dell’epoca però testimoniano, con le loro norme di salvaguardia e tutela dei vitigni e della produzione, l’importanza che da sempre ha avuto il vino nell’economia di questo paese.

Il vino di Staffolo a Roma e nel mondo.

Nel 1873, nel volume La Esposizione Ampelografica Marchigiana-Abbruzzese nella parte che riguarda la “fabbricazione commercio dei vini” per Staffolo riporta: “I vini comuni in genere sono cotti; nella formazione loro non si pone studio, ma la giacitura, l’esposizione, l’indole del suolo ed il modo di coltivare le viti, sono circostanze favorevoli ad ottenere ottimi vini”. Da allora i vini staffolani, ed in primo luogo il Verdicchio, diventano prodotti da “esportare” anche nella capitale. A Roma infatti già a partire dalla fine dell’’800 si commerciava il vino di Staffolo. Alcune cantine rifornite dai produttori staffolani hanno fatto la storia sociale della capitale. Ancora oggi fa bella vista di sé l’insegna della Cantina Cantarini avviata nel 1903 da Mariano Cantarini a piazza Sallustio. Con essa anche altre osterie storiche, oramai scomparse, come l’Antico Falcone e l’Osteria della Storta sulla via Cassia. Anche su impulso delle osterie e trattorie romane, via via sempre più rifornite dai vignaioli staffolani, a Staffolo negli anni immediatamente successivi alla grande guerra iniziano le loro attività gli “stabilimenti vinicoli”. Il primo fu il Premiato Stabilimento Vinicolo di Angelo Procicchiani, Gran spumanti, moscato spumante e vini da pasto e di lusso. I suoi prodotti si affermano presto in Italia e all’estero. Nel 1923 a Roma, nell’Esposizione del Progresso Industriale, ottenne il “Diploma di Grande Coppa d’Onore Medaglia d’Oro per vini di lusso e da pasto” e “Diploma di Gran Premio Medaglia d’Oro per il vino Gran Rosso Naturale” Nello stesso anno a Parigi nell’Exposition Internationale de Progrès Moderne entre les Nations Alliées et Amies, ottiene il “Diplome de Grand Prix et Medaille d’Or per Vin de luxe et de table”. L’attività dello stabilimento fu poi rilevata da Clemente Bartelucci e Giuseppe Fantone che trasformarono il marchio in Staphylus ma continuarono nell’attività di produzione di qualità come dimostravano i numerosi clienti dell’azienda in Inghilterra e negli Stai Uniti d’America.

A Staffolo sono nate successivamente numerose altre aziende vitivinicole; le loro caratteristiche però sono quelle del piccolo produttore, più orientato alla qualità del prodotto per un mercato di nicchia, piuttosto che alla grande distribuzione.

Prodotti tipici di Staffolo

I Cavallucci sono il dolce tipico di Staffolo. Il loro nome deriva dalla forma che ricorda (molto vagamente) un cavallo in miniatura. Vengono realizzati nel periodo natalizio e, nella loro ricetta originale, sono composti di pasta con un ripieno di sapa (mosto cotto ristretto) con l’aggiunta di noci e canditi. Una volta cotti in forno vengono poi colorati nella parte superiore con alchermes, per essere poi cosparsi di zucchero.

Il Serpe è un altro dolce tipico di Staffolo anche se la sua produzione è diffusa in tutta l’area del maceratese. Il serpe di Staffolo ha la caratteristica di essere composto principalmente di mandorle tostate e di presentarsi in forma arrotolata.

Percorso

Itinerario n° 6 - Cupramontana, Pian della Casa, Apiro, Fosso dell' Ubriaco, Cervara, Valcarecce, Colognola, S. Pietro, Staffolo, San Paolo, S. Michele, Cupramontana.
Partenza  dal parcheggio antistante la cantina di Colonnara. Di qui in direzione del centro, prendere la strada che porta a Staffolo. Proseguire per la strada asfaltata, fino all'incrocio di Pian della Casa e girare a dx in direzione di Apiro.

Giunti ad Apiro (visita), dirigersi ai Piani di Apiro, in prossimità della piscina seguire la strada in discesa che fiancheggia la pineta, proseguire fino ad incrociare la strada bianca, girare a dx e subito dopo, di nuovo a dx a fianco della chiesetta, imboccare la sterrata in discesa in mezzo al bosco (attenzione discesa pericolosa). Dopo aver terminato i tornanti pietrosi, si sale leggermente attraversando una zona coltivata, per poi ridiscendere attraverso la boscaglia fino alla strada asfaltata. Girare a sx e subito dopo di nuovo a sx per la strada asfaltata che conduce alla sorgente di Crevalcuore; seguire la strada asfaltata per circa due Km e dopo una leggera salita si arriva ad un incrocio in prossimità di un dosso; girare a sx e proseguire in salita sulla sterrata fino a giungere alle case abitate di Valcarecce. Alla fine del paese girare a dx, oltrepassare un lavatoio e proseguire sulla strada bianca, in prossimità di un dosso con incrocio mantenere la dx, seguire la strada prima in discesa poi in leggera salita fino alle case abitate (Ca de Berti), all'incrocio girare a sx per la ripida salita che conduce alla chiesa di Colognola, al successivo incrocio contaddistinto dal grande Crocefisso metallico girare a dx, seguire la strada principale che scende dolcemente e dopo una leggera salita, oltrepassate alcune case abitate, girare a dx per una ripida discesa che porta al torrente dell'Acqualta; da qui si sale fino a San Pietro per poi giungere a Staffolo. Scendere in direzione San Paolo, e proseguire fino al centro abitato.

Giunti a San Paolo, in prossimità del monumento ai Caduti, imboccare la strada asfaltata che conduce alla Contrada Peschereccia, seguire la strada asfaltata che sale fino alla fonte Barbanera, girare a dx e segure la strada di ghiaia che porta in fondo alla vallata fino ad incontrare il fosso di Follonica.

Oltrepassato il primo ponte girare a dx in direzione del secondo, dove inizia una lunga e difficoltosa salita che conduce al paese di San Michele; dopo ca 1700 mt si arriva alla chiesa di San Michele, altrepassata la quale girare a sx imboccando la strada bianca indicata dal cartello stradale "Contrada Colonnara"; dopo aver percorso ca 600 mt in un falso piano si arriva in un incrocio, girare a dx ed iniziare a salire con molta calma perchè in ca 1300 mt si supera un dislivello di ca 200 mt con pendenza media del 16 %. Arrivati alla fine della salita, contrassegnata dal segnale "Stop", per ritornare al punto di partenza proseguire in direzione del "Conad", come indicata dalle freccie segnaletiche.

Lunghezza  ca  Km 35
Tempo di percorribilità  ca  3 h
Percorso di lungo e di media difficoltà - tratto finale difficoltoso

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